LAKOTA GRIGORIJ
(1883-1950) |
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vescovo cattolico |
Il
vescovo Grigorij nasce il 31 gennaio 1883 nel villaggio Golodivka, provincia
di Leopoli. Frequenta la scuola elementare nella città di Komarno, prosegue
gli studi al seminario di Leopoli e nel 1909 viene ordinato sacerdote
nella città di Peremyšl’, dove riveste l’incarico di segretario del vescovo
locale Konstantin Čechovič. Dal 1910 al 1913 studia a Vienna, dove ottiene
il titolo di dottore in teologia. Dal 1914 insegna storia della Chiesa
e diritto canonico nel seminario diocesano di Peremyšl’, dove il 16 gennaio
1918 sarà nominato rettore. Nel 1924 è nominato vicario generale della
diocesi e il 16 maggio viene consacrato vescovo e nominato ausiliare della
diocesi di Peremyšl’; contemporaneamente conserva l’incarico di vicario
generale e presidente del tribunale diocesano.
Nel 1939 il vescovo Grigorij viene mandato dal vescovo ordinario nella
città di Jaroslav, allora occupata dall’esercito tedesco; così tutta la
parte occidentale della diocesi, fino a Cracovia, viene a trovarsi sotto
la sua direzione. Nel 1941 il vescovo Grigorij ritorna a Peremyšl’. In
quel periodo si acuisce la pressione sulla popolazione ucraina delle terre
di confine per indurla ad espatriare verso Est. Le autorità polacche il
21 settembre 1945 arrestano il vescovo ordinario I. Kocilovskij, il vescovo
ausiliare Grigorij Lakota e il lettore Vasilij Grinik. Vengono «convinti»
a trasferirsi in URSS. Dopo due mesi di prigionia i tre sono consegnati
nelle mani dell’NKVD, che il 16 gennaio 1946 fa passare loro il confine.
Il 24 dello stesso mese i due vescovi vengono liberati e si permette loro
di ritornare nella propria diocesi. Il secondo arresto del vescovo Grigorii
avviene il 26 giugno 1946, dopo la celebrazione della Liturgia nella chiesa
cattedrale: le truppe polacche, coadiuvate da ufficiali sovietici, circondano
la cattedrale e il capo dell’amministrazione cittadina propone a tutti
i rappresentanti del clero ucraino di trasferirsi liberamente in Unione
Sovietica. Il clero unanime si rifiuta. Si concede un giorno di ripensamento
e il secondo giorno tutto il clero viene condotto alla stazione ferroviaria
e deportato.
Giunto in territorio sovietico, il vescovo Grigorij viene condannato senza
processo a 10 anni di lager da scontarsi nei famigerati capi di Vorkuta,
nel Nord della Russia (Repubblica dei Komi). Nel lager il vescovo si distingue
per una grande umanità e umiltà. Cerca di assumersi i lavori più pesanti
per alleggerire gli altri detenuti. Padre Pietro Leoni, gesuita italiano
che trascorre 10 anni nei lager della Siberia, scrive nelle sue memorie:
«Nel lager ho incontrato degli autentici angeli dal volto umano che nella
loro vita rappresentavano i Cherubini in terra, glorificando Cristo. Fra
questi c’è da annoverare il vescovo confessore della fede Grigorij Lakota,
che dal 1948 al 1950 ha illuminato noi, prigionieri infiacchiti, con l’esempio
delle virtù cristiane. Nel lager Vorkuta il vescovo Grigorij è un esempio
straordinario di vita vissuta nella verità. Fra i detenuti lui, con la
sua straordinaria santità, si guadagna il nome di «angelo in corpo umano».
Tutti i sacerdoti che si trovano in quel lager al mattino presto celebrano
segretamente la Messa su un comodino. Ogni giorno il clero detenuto nel
lager si riunisce attorno al vescovo Lakota per conversare su temi religiosi.
Nel 1950 la salute del vescovo peggiora gravemente. Viene trasportato
nel lager-ospedale di Abez’ sul lago Usa. Gli ultimi minuti della vita
del vescovo Grigorij sono testimoniati dal detenuto Kaetanovič, Amministratore
apostolico per gli armeni cattolici in Ucraina. Il vescovo Grigorij, gravemente
ammalato, disteso a letto non fa che pregare, ma a tutti coloro che vengono
a visitarlo dà la sua benedizione.
Il vescovo Grigorij Lakota muore in lager il 12 novembre 1950 e viene
beatificato il 27 giugno 2001 in occasione della visita di papa Giovanni
Paolo II in Ucraina.
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