ČIŠEK WALTER (1904-1984)

stampa
sacerdote di rito bizantino, gesuita

I genitori di padre Walter sono contadini polacchi emigrati negli Stati Uniti alla fine del secolo XIX. Hanno 13 figli. Due sorelle di Walter diventeranno monache.
Nel 1928 Walter entra nella compagnia di Gesù, dal 1934 studia al Collegio Russicum di Roma e nel 1938 è ordinato sacerdote di rito bizantino. Nel dicembre 1939 riesce a passare illegalmente la frontiera e si stabilisce a Leopoli, già annessa all’URSS. Nel 1940 sotto falso nome (Lipinskij), assieme ad un suo confratello, Viktor Novikov, trova lavoro negli Urali. Giunti al villaggio di Teplaja Gora i due amici vengono separati. Novikov lavora in ufficio, mentre padre Walter in una brigata impegnata a togliere dall’acqua di un fiume i tronchi d’albero ed ammassarli sulla riva. In seguito riesce a farsi assumere come autista di autocarro. Il 14 gennaio 1941 si trasferisce nella città di Čusovaja. Qui viene arrestato il 23 aprile dello stesso anno e trasportato a Mosca alla prigione della Lubjanka. Il 23 settembre 1942 è condannato a 15 anni di lager. Trascorre i primi quattro anni alla Lubjanka, dove gli agenti del KGB tentano di arruolarlo come collaboratore e spia sovietica a Roma. Non riescono nell’intento e a padre Walter non resta che la strada verso il lager.
Una strada lunga, come tutti i trasferimenti verso i campi del GULag. Finalmente, nel giugno 1946, padre Walter giunge sfinito nella provincia di Krasnojarsk, al famigerato lager di Noril’sk, dove ha il compito di caricare il carbone. Qui incontra il sacerdote polacco padre Kaspar e, dopo cinque anni di forzata interruzione, ottiene il permesso di celebrare la Messa, confessare e distribuire la Comunione.
Ben presto gli viene affidata una mansione ben più faticosa. D’inverno deve estrarre dal giaccio del fiume dei tronchi d’albero che misurano 9 metri di lunghezza e circa un metro di larghezza. Gli vengono affidati via via lavori diversi, più o meno pesanti. Col tempo nel lager vengono a trovarsi una decina di sacerdoti provenienti dalle repubbliche baltiche e dalla Polonia. Nonostante le differenze etniche e di carattere, i sacerdoti trovano in padre Walter un sostegno ed un punto unificante.
Nel 1952 nei lager si diffondono voci sulla malattia di Stalin. Nel 1953 ai detenuti del lager, tramite un altoparlante, viene data notizia della morte del duce. Fra i detenuti iniziano azioni di protesta che durano alcuni mesi. Le rivolte si allargano e le repressioni da parte del potere si intensificano.
Nell’aprile 1955 padre Walter viene liberato dal lager, ma costretto al confino nella città di Noril’sk, sotto il controllo del KGB. Qui ritrova padre Viktor Novikov e un altro sacerdote, padre Neron, che condividono un piccolo appartamento. Erano stati liberati prima di padre Walter. Lieti del suo arrivo, non permettono che si allontani da loro. Padre Walter passa la notte steso su tre sedie collocate fra i due letti ed avendo come materasso il paltò e i calzoni. In questa piccola stanza alle 6.30 del mattino più di 10 persone si riuniscono per ascoltare la Santa Messa. La domenica, camera e corridoio sono strapieni. Tanta è la gente, che i padri Novikov e Neron devono celebrare due messe per ciascuno, e le prediche vengono ascoltate da gruppi di 60 persone. Così la cameretta diventa una chiesa catacombale. Naturalmente questa attività è illegale e i sacerdoti rischiano continuamente l’arresto. Padre Walter teme molto di essere causa dell’arresto di altre persone, e ogni giorno è un miracolo riuscire a celebrare, perché le spie sono presenti ovunque.
Padre Walter riesce a trovar lavoro in un laboratorio, dove i colleghi si dimostrano molto affabili nei suoi riguardi, pur sapendo che è un sacerdote. Molti di notte, quando padre Walter è di turno, vanno da lui a parlare di questioni di fede. Taša, una collega da poco rimasta vedova dopo tre mesi di matrimonio, chiede che il padre vada a casa sua a celebrare la panichida (ufficio funebre) per suo marito. La casa è strapiena, il padre celebra il rito, battezza il figlio e molti dei presenti chiedono a loro volta il battesimo per i propri figli. Un’altra donna, Nina, membro del komsomol, l’organizzazione giovanile del regime sovietico, e moglie di un comunista, va dal padre a chiedere spiegazioni: sul Vangelo passatole da una persona anziana ha letto che chi non è battezzato non può salvarsi e quindi anche lei vuol essere battezzata. Padre Walter la prepara, battezza lei e i suoi tre figli.
All’inizio del 1957 le autorità comuniste del luogo impongono che ogni attività religiosa venga interrotta. Non solo, ma padre Viktor viene mandato in Ucraina e nel 1958 padre Walter prima è relegato a Krasnojarsk e poi nella città di Abakan, regione di Karsnojarsk. Qui trova lavoro come meccanico in un garage.
Nel settembre 1963 gli agenti dei servizi segreti lo convocano direttamente dal lavoro e lo fanno partire subito per Mosca, dove altri agenti lo aspettano per uno scambio di prigionieri. Il giorno dopo parte per Londra, involontariamente libero.
Padre Walter Čišek lavora per 20 anni al Centro Ecumenico Giovanni XXIII fondato dai Gesuiti a New York. Il suo libro Ventitré anni in URSS è stato tradotto in molte lingue.