BOKOTEJ ANDREJ LEONTOVIČ (1909-1992)

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sacerdote greco-cattolico

Padre Andrej nasce il 4 dicembre 1909 nel villaggio di Zolotarevo (Transcarpazia) nella famiglia di un maestro di canto ecclesiastico. Frequenta il ginnasio a Beregovo e nel 1928 entra al seminario diocesano di Užgorod. Viene ordinato sacerdote dal vescovo greco-cattolico Aleksandr Stojka e nominato parroco della chiesa di Danilovo. Dal 1938 al 1946 è parroco a Brod e dal 1946 al 1949 a Iršava. In ognuna di queste parrocchie padre Andrej, per venir incontro ai bisogni dei fedeli, fonda delle cooperative agricole di mutuo soccorso.
All’inizio del 1949 il regime totalitario sovietico promuove la campagna contro la Chiesa greco-cattolica. I sacerdoti vengono forzati a sottoscrivere «liberamente» una dichiarazione di unione con la Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca. Padre Andrej si rifiuta e questo è sufficiente per costringerlo ad abbandonare la casa parrocchiale assieme alla moglie e ai cinque bambini. Gli si impedisce ogni attività pastorale e, in compenso, è sottoposto alle pressioni della polizia segreta che vuol indurlo a passare all’ortodossia. A causa della tensione nervosa padre Andrej si ammala di ulcera gastrica e deve essere operato all’ospedale di Beregovo. Uscito dall’ospedale, viene arrestato il 29 settembre 1949 e rinchiuso nella prigione di Užgorod. Marija, figlia di padre Andrej, ha lasciato scritto di quel periodo: « … L’istruttoria si è svolta in una forma estremamente barbara: interrogatori notturni, parolacce, minacce raffinate si sono susseguite fino a quando non sono riusciti a trovare dei falsi testimoni. Mio padre non era preparato a tanto. Dopo due mesi di lavoro sono riusciti a comprare i testimoni ma, nell’aula del tribunale, nessuno è stato in grado di portare dei fatti concreti. Durante il confronto non osavano neppure a guardare in faccia a mio padre e, alla fine, tutti hanno ritirato quanto avevano deposto».
Ciononostante il 30 novembre 1949 padre Andrej viene condannato all’esproprio dei beni e a 25 anni di lager da scontarsi in Kazachstan, presso il villaggio Kengir, dove lavora al taglio delle pietre e alla costruzione di edifici. Nel lager è severamente proibito possedere testi religiosi e qualsiasi oggetto per il culto. Ciononostante i sacerdoti cercano di celebrare la Divina Liturgia. Uno dei capi del lager viene a sapere che i sacerdoti greco-cattolici hanno celebrato la Liturgia il giorno di Natale. Come punizione tutti, compreso padre Andrej, sono condannati alla cella di rigore.
Il 2 novembre 1955, dopo la morte di Stalin, padre Andrej, scontati 6 anni di lager, viene liberato e può ritornare in patria nel villaggio Činadinovo, dove vive la sua famiglia. Immediatamente si inserisce nella chiesa catacombale e si mette a servizio dei fedeli che vivono in montagna, privi di una chiesa. Si ostina nell’attività clandestina nonostante il severo controllo della polizia comunista: frequenti sono le perquisizioni e gli interrogatori. Ma tutto questo non gli impedisce di svolgere il suo lavoro pastorale fino alla legalizzazione della Chiesa greco-cattolica, avvenuta nel novembre 1989. Come ex detenuto padre Andrej non ha ancora il diritto di essere assunto. Deve aspettare fino al 1960, quando gli è concesso di fare il falegname in un’impresa edile. Nel 1970 va in pensione e questo gli permette di dedicarsi completamente all’attività pastorale clandestina.
Nelle memorie della figlia Eva riguardanti questo periodo, leggiamo: « … Era sempre impegnato in una lotta instancabile per riportare la gente alla fede dei padri. Diceva: prima di tutto dobbiamo riportare la gente a credere fermamente in Cristo. Io non pensavo fosse possibile, perché il popolo in tanti anni si era indurito, ma mio padre con l’amore di Dio riusciva in tutto. Non aveva mai paura delle difficoltà e delle minacce: ovunque lo chiamavano, lui partiva: funerali, battesimi, Divina Liturgia, ma soprattutto sapeva annunciare la parola di Dio. … Celebrava in strada o accanto alla chiesa, perché gli ortodossi gli impedivano di entrarvi. … Non ometteva mai la predica, durante la quale richiamava la gente a vivere in pace e a mantenere salda la fede in Cristo».
Nel gennaio 1990 il vescovo ordinario Ioann Semedij designa padre Andrej parroco nel villaggio Činadievo. Qui la maggior parte dei fedeli era passata all’ortodossia. Padre Andrej con la sua bontà e il suo calore sa attirarsi la simpatia della gente, che ritorna alla chiesa greco-cattolica.
Padre Andrej muore il 31 luglio 1992. È stato riabilitato il 29 gennaio 1992.
La moglie di padre Andrej, Marija (1912-1996), all’arresto del marito era stata licenziata, perché membro della famiglia di un nemico del popolo. Era rimasta per strada con cinque figli e la vecchia madre, senza alcun mezzo di sostentamento. In più era esposta alle continue attenzioni della polizia politica. Anche per questo aveva abbandonato Iršava e trovato rifugio presso i parenti nel villaggio Dusino. Qui dava lezioni private di musica, dirigeva il coro di una scuola finché non era riuscita a trovare un posto di infermiera all’ospedale di Iršava.