Ravlovskij Janis

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sacerdote cattolico

Padre Janis è sacerdote russo di rito latino. Durante le persecuzioni staliniste viene arrestato e condannato al lager, non conosciamo esattamente la data. Dopo la liberazione, grazie all’amnistia concessa alla morte di Stalin (anni 1955–1956) di sua spontanea volontà va nel Kazakistan per aiutare religiosamente i cattolici ivi esiliati. Karaganda (Kazakistan) diventa luogo di raccolta anche per il clero che intende impegnarsi nella cura delle anime dei fedeli.
Già dal 1950 a Karaganda esistono tre chiese cattoliche, o meglio, cappelle, aperte senza autorizzazione. Non sopravivono a lungo perché nel 1957 sono soppresse dal potere comunista. La situazione religiosa del Kazakistan è acutamente descritta dal sacerdote Vladislav Bukovinskij: “Spesso i sacerdoti mi chiedono come si possa esercitare il ministero sacerdotale senza chiese. Si può benissimo. Nei miei 12 anni di lavoro in Karaganda, soltanto un anno ho potuto avere una chiesa e per 11 anni ho lavorato senza una chiesa o casa di preghiera.” I sacerdoti vanno di casa in casa, celebrano la messa, si trovano nel cimitero, confessano per ore, preparano ai sacramenti del battesimo, della cresima e del matrimonio. Si tratta di un lavoro gigantesco perché per decenni i fedeli sono stati privati dei sacramenti.
Nel periodo che va dagli anni 1950 alla fine degli anni 1970 la storia del cattolicesimo nel Kazakistan in genere, e a Karaganda in particolare, è caratterizzata dal fatto che non esiste nessuna chiesa, però la figura del sacerdote diventa fondamentale, è una figura sempre in movimento, sempre illegale, ma sempre necessaria per ottenere i sacramenti.