CHOMYŠIN GRIGORIJ
(1867-1947) |
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vescovo greco-cattolico |
Il
vescovo Grigorij nasce nel villaggio Gadynkivci, provincia di Ternopol’.
Frequenta le scuole elementari nel villaggio natale, il ginnasio a Ternopol’,
e studia teologia all’Università di Leopoli. Viene ordinato sacerdote
nel 1893. Per breve tempo è vicario della cattedrale di Stanislavov, poi
si reca a Vienna a perfezionare gli studi e ottiene il titolo di dottore
in teologia. Nel 1899 ritorna in patria, insegna teologia in vari istituti,
finché il metropolita Šeptickij lo designa rettore del seminario di Leopoli
e nel 1904 lo consacra vescovo della diocesi di Stanislavov (oggi Ivano-Frankovsk).
Nella sua attività pastorale il nuovo vescovo riserva particolare attenzione
alla formazione del clero, promuove iniziative nel campo della missione
interna, incoraggia e aiuta le congregazioni monastiche, sia maschili
che femminili. Negli anni ‘20 chiama i redentoristi a fondare un loro
monastero a Stanislavov, nel 1928 invita le suore greco-cattoliche della
congregazione delle Mirofore di Maria Maddalena. Durante l’occupazione
sovietica, dopo la chiusura del monastero, le suore, in clandestinità,
riescono a conservare la propria comunità lavorando negli ospedali di
Stanislavov. I soldi che guadagnano servono per aiutare i sacerdoti detenuti
in Siberia. Nessuna delle monache abbandona la propria congregazione durante
il periodo della clandestinità. Quando nel 1904 il vescovo Grigorij aveva
iniziato il suo ministero pastorale, nella diocesi di Stanislavov vi erano
solo un monastero maschile e quattro femminili, nel 1935 vi sono sette
monasteri maschili e trentaquattro femminili.
Il vescovo Grigorij favorisce la fondazione di scuole e biblioteche parrocchiali
e promuove la stampa cattolica. La rivista diocesana «La verità» esce
in 25.000 copie. Nel 1935 fonda la fraternità Skala (La Roccia), che ha
il compito di difendere il cristianesimo soprattutto contro le idee diffuse
dal comunismo. Scrive più di trenta lettere pastorali. Inoltre è autore
di numerosi libri. Fra i principiali ricordiamo: La santissima Eucarestia
(1912), La Liturgia del Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo. Manuale
per sacerdoti (1920), Sul rito bizantino (1931), Il problema ucraino (1932),
La missione parrocchiale (1934).
Quando, durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1914, il metropolita Andrej
Šeptickij viene arrestato e trasferito nella zona centrale della Russia,
la direzione della Metropolia della Chiesa greco-cattolica ucraina viene
affidata al vescovo Grigorij. Durante la seconda guerra mondiale il vescovo
interviene decisamente contro la persecuzione degli ebrei, invitando i
fedeli a difenderli dai nazisti. In una predica in cattedrale così dice:
«Non uccidere! il sangue degli innocenti grida vendetta al cielo …». Dopo
questa predica il vescovo Grigorij viene arrestato e imprigionato dai
tedeschi. Viene liberato dopo breve tempo, grazie all’intervento del vicario
diocesano, il vescovo Ivan Latyševskij.
I comunisti sovietici arrestano il vescovo Grigorij per due volte. La
prima nel 1939, ma dopo un’accurata perquisizione della sua abitazione
lo rimandano a casa. Il secondo arresto avviene il 15 aprile 1945, quando
il potere sovietico arresta quasi contemporaneamente tutti i vescovi greco-cattolici
ucraini. Alle 23 un gruppo di soldati sovietici irrompe nell’abitazione
del vescovo, che viene picchiato, preso a calci, trascinato per le scale,
caricato come un sacco su un’automobile, perché non è più in grado di
stare in piedi, e portato alla sede dell’NKVD, la polizia politica. In
seguito viene trasferito a Kiev, nella famigerata prigione della Luk’janovka,
dove si svolgono gli interrogatori. Nei sette mesi prima di morire il
vescovo Grigorij deve subire 36 interrogatori, ognuno dei quali può durare
dalle 2 alle 37 ore senza interruzione. Di questi 36 interrogatori sono
rimasti i verbali, che in tutto riempiono un dossier di 390 pagine. Gli
interrogatori si svolgono in un’atmosfera di terrore fisico e psicologico.
Le percosse sono di prammatica.
Dopo l’undicesimo interrogatorio si formula l’accusa: Chomyšin, «mentre
era vescovo greco-cattolico delle provincie di Stanislavov e di Ternopol’,
dal momento in cui si è instaurato il potere sovietico ha svolto un’attiva
propaganda antisovietica, ha protestato contro il potere e la politica
sovietica; come agente del Vaticano, ha compiuto tentativi concreti per
staccare il popolo ucraino dal popolo sovietico, ha fatto di tutto per
diffondere la fede cattolica in territorio sovietico. … Dopo la liberazione
dell’Ucraina Occidentale dall’occupazione tedesca, ha continuato a svolgere
attività antisovietica, segue la linea dura per rafforzare la chiesa greco-cattolica
uniate e diffonderne l’influsso all’Est».
Il 21 dicembre 1945 il vescovo viene trasportato in condizioni disperate
dalla prigione interna dell’NKVD all’infermeria della prigione della Luk’janovka
a Kiev. Muore dopo una settimana, il 28 dicembre 1945. Non si conosce
il luogo della sepoltura: si pensa al cimitero della prigione della Luk’janovka,
o alle fosse comuni di Bikivnja, una località alla periferia di Kiev,
dove riposano decine di migliaia di vittime del regime staliniano.
Il vescovo Grigorij Chomyšin viene beatificato il 27 giugno 2001 in occasione
della visita di papa Giovanni Paolo II in Ucraina.
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