ROMŽA TEODOR (1911-1947) |
stampa |
vescovo greco-cattolico |
Teodor
nasce il 14 aprile 1911 a Nagybocsko (Impero austroungarico), ultimo di
nove figli. Nel 1922 entra al liceo scientifico di Hust (Cecoslovacchia)
e nel 1928 decide di farsi prete. Si diploma con il massimo dei voti.
Gli consigliano di studiare ingegneria, ma lui sceglie di entrare in Seminario
a Roma. Arriva in Italia il 26 ottobre 1930 ed entra al Collegio Germanicum.
Nel 1934 passa al collegio Russicum.
Il 24 dicembre 1936 è ordinato sacerdote di rito bizantino. Come motto
per l’ordinazione sceglie: «Signore io sono tuo servo, figlio della tua
ancella» (Sal 116,6). Nel 1937 ottiene la licenza in teologia, magna cum
laude, e in luglio ritorna in patria per fare il servizio militare a Praga.
Terminato il corso ufficiali nel febbraio 1938, il suo vescovo gli affida
due parrocchie in campagna. «Qui vivo in grande povertà», confida ad un
amico sacerdote, «ma sono felice».
Nel settembre 1939 viene chiamato al seminario di Užgorod come direttore
spirituale e professore di filosofia. Nel dicembre 1940 sconsiglia padre
Kellner, conosciuto al Russicum, di passare illegalmente la frontiera
con l’URSS, ma invano. La notte stessa del colloquio padre Kellner sarà
preso al confine e in seguito fucilato.
Il 24 settembre 1944 padre Teodor viene consacrato vescovo per essere
vicario della diocesi di Mukačevo. Il suo motto episcopale: «Ti amo, Signore,
mia forza, Signore mia rupe in cui trovo conforto» (Sal. 18). Il 27 ottobre
dello stesso anno la regione di Užgorod viene occupata dall’Armata Rossa.
Hanno subito inizio subito la requisizione delle chiese greco-cattoliche
e l’arresto dei sacerdoti. Il vescovo Teodor è prudente, ma non ha nessuna
intenzione di scendere a compromessi. A chi gli consiglia di essere più
disponibile alle pretese dei comunisti, il vescovo risponde: «Che male
c’è se mi ammazzeranno? Morire per Cristo significa vivere in eterno».
In una predica esorta i fedeli: «Se ci tocca di soffrire per la fede,
rallegriamoci, perché così ci prepariamo al martirio.
L’11 aprile 1945 cinque vescovi greco-cattolici della Galizia vengono
arrestati perché si erano rifiutati di passare all’ortodossia, come pretendevano
le autorità. Il vescovo Teodor si prepara a subire la stessa sorte. «Non
ha paura?», gli chiede un’anziana signora. E Lui risponde: «Cara nonna,
perché dovrei aver paura? Il Signore ci ha assicurato che sarà sempre
con noi».
Il 29 giugno 1945 si firma l’annessione ufficiale della Transcarpazia
all’Unione Sovietica. Il vescovo compie diversi viaggi pastorali per incoraggiare
il clero e il popolo dei fedeli. Riportiamo una citazione da una sua predica:
«Se di fronte alla violenza odiosa non riuscite a difendere l’edificio
della chiesa, non per questo dovete perdervi d’animo. Ogni anima credente
è un Tempio dell’Altissimo; pregate a casa e non abbandonate mai la fede».
Dopo l’annessione della Transcarpazia all’URSS, Chruščëv chiede a Stalin
l’autorizzazione ad eliminare segretamente i vertici della Chiesa greco-cattolica
a Užgorod. Stalin acconsente e Chruščëv entra in azione. Il 26 ottobre
1947 il vescovo Teodor consacra una chiesa nel villaggio di Lavka; il
giorno seguente sulla via del ritorno il carro su cui viaggiava il vescovo
con alcuni seminaristi viene volutamente investito, come assicurano i
superstiti, da un grosso camion militare. Il vescovo resta ferito e viene
picchiato dagli investitori. Trasportato in ospedale, viene assistito
da una suora che non lo abbandona mai: costretta a ritirarsi per qualche
minuto dal direttore sanitario dell’ospedale, quando rientra, vede il
vescovo morire poco dopo, avvelenato. È la notte del 31 ottobre 1947.
|