LJUBČINSKIJ FELIKS NIKOLAEVIČ (1886-1931)

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sacerdote cattolico

Padre Feliks nasce a Starokonstantinov governatorato della Volynija. Conclude gli studi presso il seminario di Žitomir. Nel 1909 è ordinato sacerdote cattolico di rito latino. Tra il 1909 e il 1913 è vicario della chiesa cattolica di sant’Alessandro a Kiev. Dal 1916 è parroco del villaggio di Kun, governatorato di Podol’sk. Nel settembre 1920 viene arrestato perché sospettato di spionaggio, ma presto viene liberato, grazie l’intervento unanime dei parrocchiani. Nell’ottobre 1920 è arrestato per aver partecipato a «un’insurrezione controrivoluzionaria», ma viene liberato in novembre. Nel 1921 è di nuovo arrestato. Nel corso dello stesso anno viene arrestato e liberato per altre due volte. Nel 1922 dei banditi non ben identificati entrano in casa del sacerdote e, in sua assenza, uccidono barbaramente suo padre e altre persone che in quel momento si trovavano in casa.
Padre Feliks viene trasferito a Kamenec-Podol’skij, dove celebra nella chiesa armena. Nel 1923 è arrestato per essersi opposto alla confisca dei calici della chiesa e condannato alla pena capitale, commutata poi in 2 anni di prigione. Liberato prima dello scadere della pena, nell’agosto 1923 è arrestato per aver insegnato catechismo ai bambini. Viene riscattato con 500 rubli raccolti dai parrocchiani e, uscito di prigione, riprende a insegnare clandestinamente religione a bambini e ragazzi.
Il 12 aprile 1927 è arrestato per l’ennesima volta, con l’accusa «di aver predicato sistematicamente e alla presenza di molti credenti contro il regime sovietico e la rivoluzione … facendo leva sui pregiudizi religiosi e nazionalistici delle masse popolari». Viene portato a Mosca e rinchiuso nella prigione di Butyrki, dove subisce estenuanti interrogatori, che lo inducono a proclamare lo sciopero della fame. Il 21 agosto 1928 è condannato a 10 anni di lager da scontare alle isole Solovki.
Nell’agosto 1931 padre Feliks si ammala gravemente. In ottobre viene trasferito nell’infermeria del lager, dove muore il 17 novembre 1931, amorevolmente assistito da padre Potapij Emel’janov, che gli amministra l’ultima confessione.
Dal materiale dell’inchiesta riportiamo alcune frasi che padre Feliks avrebbe pronunciato durante le sue prediche e che sarebbero servite poi all’accusa per condannarlo: «Non sono disposto a servire due dei, cioè Dio e il potere sovietico». «La fede e Dio ci sono sempre stati, ci sono e ci saranno sempre». «Mi sono convinto, e la mia stessa esperienza lo conferma, che quando nell’uomo vien meno la fede, nello stesso tempo vien meno la moralità e si trasforma in una belva feroce. Tutti i violenti, nessuno escluso, indipendentemente da come vengono chiamati, hanno un’unica filosofia: Dio non esiste, quindi tutto è possibile, tutto è permesso».