Zavadjak Iosif (Vasilij)
JureviČ (1911 – 1958) |
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monaco greco cattolico |
Padre
Josif nasce il 23 febbraio 1911 in una numerosa famiglia contadina del
villaggio Novoselica. Col battesimo prende il nome di Vasilij. Nel 1923
frequenta il ginnasio della città di Chust, il 15 novembre 1927 entra
nel noviziato dell’ordine di S. Basilio nel monastero di Mukačevo. Nel
1929 passa, per proseguire gli studi, al monastero di Malyj Bereznyj.
Il 29 giugno 1932 pronuncia i voti solenni e prende il nome di Josif.
Terminati gli studi teologici viene trasferito al monastero di Užgorod
dove insegna lingua latina, tedesca e matematica. Il 19 agosto 1937 padre
Josif viene ordinato sacerdote dalle mani del vescovo greco cattolico
Pavel Gojdič. Nel 1938 è mandato in Moravia nella città di Kromeržiš a
perfezionare gli studi teologici.
Nel febbraio 1941 vengono arrestati dal governo ungherese alcuni monaci
basiliani fra i quali anche padre Josif. Ecco come racconta l’episodio
Meres: “Inizialmente era giunta la notizia che il superiore della casa
di Užgorod era stato arrestato… Dopo alcuni giorni i gendarmi ungheresi
giunsero anche da noi. Arrestarono molti… Era una notte d’inverno del
1940. Non ci rendevamo conto del motivo dell’arresto, ci sembrava uno
scherzo, anche perché i gendarmi ci trattavano con tutto il rispetto.
Non ci misero in prigione, ma ci trasportarono al monastero di Užgorod…
in seguito alla prigione di Budapest, ma il direttore della prigione,
quando ci vide disse che non era la prigione il nostro posto, ma il monastero
dei gesuiti. Rimanemmo dai gesuiti 12 giorni poi ci trasferirono nel monastero
in Transilvania nel villaggio Mikula”. Quando interviene il vescovo Aleksandr
Stojka, i monaci possono ritornare alle loro sedi.
Dopo la liberazione, padre Josif è destinato ad essere economo del monastero
di Boronjavo dove nel 1947 è nominato egumeno. Ma nello stesso anno, e
precisamente il 22 agosto, il Soviet locale emana un decreto secondo il
quale devono essere chiusi i monasteri di Malyj Bereznyj e Boronjavo ed
i monaci trasferiti nel monastero di Imstičevoe.
L’amministratore apostolico della diocesi di Mukačevo nomina padre Josif
parroco nel villaggio Dubravo al posto del sacerdote Simeone Popp arrestato
nel settembre 1947. Nel marzo 1949 le autorità comuniste locali proibiscono
a padre Josif di svolgere qualsiasi attività sacerdotale e lo invitano
calorosamente a passare all’ortodossia del Patriarcato di Mosca. A questo
punto padre Josif passa alla chiesa catacombale. Gli agenti del KGB non
lo lasciano in pace, ma insistono per il passaggio alla Chiesa ortodossa.
Quando perdono ogni speranza di poterlo convincere, si passa alle buone
maniere: il 16 luglio 1950 padre Josif viene arrestato e il 26 agosto
condannato a 25 anni di lager e alla confisca dei beni. Il lager cui è
destinato, Vorkuta, è famoso per le sue atrocità.
Il 14 giugno 1956, grazie all’amnistia generale, viene liberato e assolto
dall’accusa. Ritornato in Transcarpazia non è autorizzato a svolgere il
ministero sacerdotale e men che meno a dar vita ad un convento illegalmente
chiuso, gli è però riconosciuto il diritto di lavorare come benzinaio
nella città di Chust. Accanto all’attività che gli permette di vivere,
padre Josif ci tiene a svolgere un lavoro clandestino in favore dei fedeli
greco cattolici. In questo periodo viene ancora chiamato a rapporto dagli
agenti del KGB che gli propongono l’alternativa: lasciare il paese oppure
entrare in un monastero ortodosso. Padre Josif non cede, ma neppure i
comunisti.
La polizia segreta studia attentamente il percorso che padre Josif segue
in bicicletta per andare al lavoro. Il 4 dicembre 1958, sulla strada viene
investito da una macchina. Ancora vivo lo coprono con delle spranghe di
ferro che prendono dalla macchina. Pensando di aver compiuto il loro compito,
lo abbandonano mezzo morto al limite della strada e scompaiono. Dopo breve
tempo passa un altro autista che scopre il corpo e lo porta, privo di
coscienza, all’ospedale. Qui padre Josif riprende conoscenza, ma dopo
poche ore muore. L’analisi del corpo dimostra che padre Josif non soltanto
era stato investito dalla macchina, ma che riportava molte ferite da spranghe
di ferro. Un metodo questo inaugurato da Chruščev per sopprimere le persone
sgradite al partito. Ricordiamo, come esempio, il vescovo martire Feodor
Romžza eliminato con lo stesso sistema.
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