Zarickij Aleksej Vasil’eviČ (1912 – 1963)

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sacerdote greco cattolico

Padre Aleksej nasce il 17 ottobre 1912 nel villaggio Vil’ča, provincia di Leopoli da una famiglia particolarmente religiosa. Fin da piccolo Aleksej è il primo ad entrare in chiesa e l’ultimo ad uscirne. Frequenta le scuole medie nella città di Strye e nel 1931 entra nel seminario diocesano di Leopoli. Terminati gli studi sceglie il celibato e viene ordinato sacerdote greco cattolico dal metropolita Andrej Šeptickij il 29 aprile 1935. La prima Liturgia è celebrata nel paese natio e il primo lavoro sacerdotale si svolge in due paesi, Stinova inferiore e Stinova superiore. Nel 1937 è parroco nel villaggio di Strutyn dove ha la possibilità di esprimere tutta la sua passione per le anime affidategli. Padre Aleksej è un pastore sereno che si interessa non soltanto del bene spirituale della sua gente, ma anche del bene materiale e culturale. Nel 1937 fonda un asilo per l’infanzia e, per i contadini, una cooperativa per lavorare i prodotti lattiero-caseari.
Dopo lo stabilirsi del potere sovietico nell’Ucraina Occidentale ha inizio la campagna per la liquidazione della Chiesa greco cattolica. I sacerdoti non disposti a passare all’ortodossia del Patriarcato di Mosca sono perseguitati, quindi anche padre Aleksej ne subisce le conseguenze. La casa canonica del sacerdote è obbligata ad accogliere alcune famiglie russe, cosa che non facilita per se stessa il lavoro pastorale, ma la benevolenza di padre Aleksej attira la simpatia dei lavoratori russi e questo non è gradito al potere. In conformità alla norma sovietica si proibisce a padre Aleksej di insegnare il catechismo ai bambini, ma lui non si dà per vinto: organizza i bambini in gruppi e in ognuno nomina il migliore per insegnare agli altri. Gli è più facile, sebbene sia altrettanto illecito, istruire segretamente alcuni, perché diventino missionari per tutti.
Negli anni 1946-1947 padre Aleksej è parroco a Rjasna Rus’ka. Il 1946 è un anno particolarmente critico per la mancanza di prodotti alimentari. Durante questo periodo di fame il padre distribuisce tutto quello che ha ai poveri e agli affamati. Nel 1948, resi vani tutti i tentativi del KGB per costringerlo a passare all’ortodossia di Mosca, padre Aleksej viene arrestato. Per sei mesi è trattenuto nella prigione di Zoločec e quindi trasferito in quella di Leopoli dove il 29 maggio 1948 è condannato a 10 anni di lager da scontarsi nella provincia di Irkutsk (Siberia Orientale). In seguito è dislocato nel lager per prigionieri politici nella Mordovia. Per rispetto al suo sacerdozio gli altri prigionieri gli offrono un lavoro più leggero, ma padre Aleksej rifiuta perché desidera lavorare pesantemente come gli altri. Viene trasferito una seconda volta e ritorna in Siberia nella regione di Omsk. Le condizioni disumane di vita non riescono a indebolire lo spirito di padre Aleksej. Oltre che incoraggiare tutti, svolge appassionatamente la sua missione sacerdotale: confessa, celebra la Liturgia e insegna il catechismo agli amici detenuti.
Il 31 dicembre 1954 padre Aleksej viene liberato, ma non ottiene il permesso di ritornare in patria, né di abitare in tutte le principali città della Russia. Lui sceglie di vivere a Karaganda nel Kazakistan. Qui è sempre sotto il controllo della polizia, ma ciò non gli impedisce di entrare clandestinamente nella chiesa catacombale, celebrare negli appartamenti privati la Liturgia ed organizzare tutta una vita ecclesiale, interessandosi in particolare dell’educazione dei giovani. La Divina Liturgia, cui assistono 60-70 persone viene celebrata ogni domenica e nelle festività. Questo è possibile perché nei paesi lontani dalla città la polizia non riesce a controllare tutto.
Padre Aleksej svolge un intenso lavoro missionario fra i cattolici di rito orientale come fra i cattolici di rito latino (in gran parte tedeschi e polacchi). Particolarmente i tedeschi conservano di lui un ottimo ricordo. Non è raro il caso in cui padre Aleksej trascorra l’intera giornata senza mangiare e senza riposare, ma tutto dedito al servizio pastorale: confessare, battezzare, benedire i matrimoni. Il tratto caratteristico della sua persona è l’amore del buon pastore verso il prossimo e la comprensione dei loro problemi e delle loro debolezze.
Il 26 ottobre 1925 padre Aleksej viene riabilitato per non aver commesso nessun reato. Da questo momento non è più obbligato ad una residenza coatta, ma può liberamente visitare città e paesi della Siberia e le repubbliche dell’Asia Minore. Parecchie volte cambia residenza. Nel 1960 si trova a Orks, provincia di Orenburg. A volte ritornando a casa, dopo un viaggio missionario, trova una convocazione della polizia, ma non ne tiene conto e continua il suo lavoro di libero viaggiante, senza fissa dimora, ben sapendo il pericolo che corre perché il vagabondaggio che secondo il codice sovietico è un delitto, si paga con la prigione. In questa situazione di girovago padre Aleksej vive per interi due anni. Alcune volte viene fermato dalla polizia la quale, dopo averlo ammonito, lo lascia libero.
Il prigioniero, Metropolita della Chiesa greco cattolica Iosif Slipyj, nomina padre Aleksej amministratore apostolico per il Kazakistan e la Siberia. Di questo periodo ne parla il sacerdote di rito latino Vladislav Bukovinckij nel suo libro “Ricordi del Kazakistan” edito a Londra nel 1979: “Ho conosciuto molto bene il defunto padre Aleksej Zarickij. Era un sacerdote straordinariamente zelante e operoso. Nel 1957 compie un lungo viaggio per incontrare il metropolita Iosif Slipyi che si trova in domicilio coatto e vive in una casa di vecchi detenuti in Siberia, regione di Krasnojarsk. Nel viaggio di ritorno viene arrestato dalla polizia che per 5 giorni lo interroga e poi lo lascia libero, ma da quel momento padre Aleksej ha l’impressione che la terra bruci sotto i suoi piedi. Ovunque predica, conclude con le parole: “Gente, vi supplico, non tradite la fede dei vostri padri.”
Il 9 maggio 1962 padre Aleksej viene nuovamente arrestato a Karaganda (Kazakistan) e il 30 giugno dello stesso anno è condannato a due anni di lager da scontare a Dolinka, regione di Karaganda. Qui lavora come sarto. Il lavoro non è pesante, ma la salute del sacerdote peggiora di giorno in giorno. Ogni giorno muoiono dalle trenta alle quaranta persone, che d’inverno non vengono neppur sepolte, ma abbandonate in un fosso dove la notte arrivavano i lupi in cerca di cibo.
Padre Aleksej Zarickij muore nell’ospedale del lager il 30 ottobre 1963.
Il 27 giugno 2001 è beatificato da Papa Giovanni Paolo II, insieme ad altri 24 greco cattolici, vittime del regime comunista.