Vissarionova Aleksandra (1890 -1979)

Ortodossa, nacque nel 1890 nel villaggio di Niznjaja Soma, in provincia di Novgorod. Nel 1931 fu deportata con la famiglia, condannata come appartenente al ceto dei "contadini ricchi" (kulaki). Dopo un viaggio di oltre un mese in carro bestiame, i deportati vennero accampati in capanni sovraffollati e mal riscaldati di un villaggio all'Estremo Nord della Russia, in provincia di Murmansk. Ben presto la casa di Aleksandra divenne un luogo di ritrovo e di preghiera, dal momento che nella regione non esistevano chiese. Nel 1933 fu arrestata per "propaganda religiosa" e trasferita altrove, sempre al confino. Nel 1941 subì un nuovo arresto e una condanna al lager in Siberia, dove rimase per 12 anni senza neppure il diritto alla corrispondenza, tanto che i figli erano convinti che fosse morta. Tentarono più volte di estorcerle un'abiura alla fede e per ogni rifiuto riceveva un supplemento di pena. Nel 1953 fu liberata quasi cieca e continuò a vivere in provincia di Murmansk, dedicandosi alla preghiera e alle opere di carità. Morì di polmonite il 10 marzo 1979.