Il
convegno della Fondazione Russia Cristiana, intitolato "La
sfida della comunione nella diversità" (6-8 giugno
1997) e i relativi Atti non intendono aggiungere l'ennesimo
rivolo di parole e carta al già imponente fiume delle
riflessioni sull'ecumenismo. Il convegno ha voluto essere
prima e oltre che un discorso sull'ecumenismo, un fatto di
ecumenismo...
Da un lato uno sguardo disincantato allo stato del dialogo
ecumenico tra cattolici e ortodossi russi. Non si può
negare che tale dialogo segna per diversi aspetti il passo.
Per chi pensava che la caduta del Muro di Berlino e la fine
del regime sovietico potesse rappresentare un vigoroso salto
in avanti nel processo di unificazione delle due Chiese che
da qualche decennio avevano imparato a chiamarsi "sorelle",
gli ultimi anni sono stati un susseguirsi desolante di docce
fredde. Quello che per taluni è libertà di
missione viene interpretato da altri come proselitismo; il
rispetto - nell'opera evangelizzatrice - della
peculiarità della storia e della tradizione russa
è talvolta sostituito di fatto da una pesante
"occidentalizzazione"; la ritrovata libertà di stampa
e di espressione del pensiero, invece che essere utilizzata
per una mutua più profonda conoscenza, è
spesso adoperata per dare fiato alle polemiche più
astiose e retrive; acquisizioni comuni che sembravano ormai
assodate vengono rimesse in discussione; gli incontri ai
vertici ecclesiastici o teologici consumano le energie dei
partecipanti nel fatto stesso di potersi svolgere...
La seconda linea di riflessione che ha portato al convegno
riguarda i quarant'anni di storia di Russia Cristiana: in
che cosa è consistito, in questi quarant'anni, il suo
ecumenismo? Non si può certo qui riscrivere la storia
dell'istituzione fondata da padre Romano Scalfi nel 1957,
prima come Centro Studi, poi come Associazione pubblica di
Fedeli e Fondazione; né si possono neanche
semplicemente elencare le realizzazioni (rivista, casa
editrice, corsi di lingua e cultura, ecc.) che
dall'intuizione originaria del sacerdote trentino sono
scaturite. Però alcuni elementi vanno ricordati
proprio in quanto necessari a capire il convegno.
Il punto di partenza dell'ecumenismo di Russia Cristiana
è stata la consapevolezza che l'unità con i
nostri fratelli ortodossi russi è, misteriosamente,
un dato da riconoscere - pur nella coscienza delle
diversità - prima e più che un obiettivo da
perseguire con elaborate strategie. Da qui un grande amore
per la Russia, la sua storia, la sua cultura e la sua
religiosità. Se, come crediamo, ecumenismo è
la disposizione di chi guarda l'altro (qualsiasi altro, ma,
per i termini della nostra discussione, ci limitiamo a
quell'altro che è il fratello che come noi crede in
Cristo pur non condividendo tutti gli aspetti della nostra
fede) con la disposizione a valorizzarne tutto il positivo
(secondo il detto paolino: "Vagliate tutto e trattenete
ciò che vale"); se ecumenismo è, dunque,
l'invincibile sguardo positivo portato sull'altro, allora
dialogo con la Chiesa ortodossa russa non si può fare
se non a partire dal riconoscimento di ciò che unisce
e, quindi, da un grande amore per quella Chiesa e per quello
che essa ha significato nel cammino del cristianesimo
universale....
Le relazioni costituiscono un itinerario compiuto. Il punto
di partenza è la persona storica di Gesù
Cristo (relazione di Javier Prades); Egli è al
contempo una singola persona completamente umana che ha
però una rilevanza universale per il suo essere Dio.
Proprio a questo livello si situa il paradosso di un
particolare in cui è il tutto, fondamento ed origine
di una unità che non elimina la diversità
delle parti. Il teologo ortodosso Joann Sviridov ha poi con
lucidità analizzato tutti i vari ecumenismi che si
sono susseguiti negli ultimi decenni, mettendone in rilievo
i limiti ed aprendo una fondamentale domanda sul futuro; una
domanda che non ha trovato analitica risposta nel Convegno,
ma che, all'interno di reciproci rapporti di stima e di
dialogo rimane come stimolo al cammino comune; tanto che ne
è scaturita l'idea - già in fase di
realizzazione - di futuri incontri su tematiche specifiche:
conoscenza integrale, sobornost', libertà e potere,
che costituiscono titoli di altrettanti convegni in
preparazione. Cesare Alzati ha poi puntato l'attenzione sul
grande tema della conciliarità o sinodalità,
interpretata come una delle pratiche ecclesiali più
caratteristiche, e da riprendere, di rapporto valorizzatore
di tutte le diversità. A conferma che non è
possibile rinchiudere una storia all'interno di steccati
culturali o religiosi, Sergej Averincev ha messo in evidenza
sorprendenti ed inattese presenze di cultura cattolica nella
religiosità e nella letteratura russa, mentre
Nikolaus Lobkowicz ha ripercorso le tracce della scolastica
nella filosofia russa. La relazione conclusiva è
tornata sul secondo pilone dell'unità: la missione;
Javier Martinez ha infatti puntato l'attenzione sulla
"missione come luogo dell'unità"; se, infatti, si
guarda al comune compito dei cristiani nel mondo odierno si
scopre quali enormi spazi di lavoro comune (e quindi di
esperienza di unità) si aprono all'interno di un
mondo scristianizzato, che sia l'occidente disincantato o la
Russia in via di occidentalizzazione dopo la sbornia
ideologica del comunismo. Del resto l'invito di Cristo
all'unità - "ut unum sint" - non è finalizzato
ad un quieto vivere intraecclesiale, ma alla missione:
"perché il mondo creda". Forse tante energie del
dialogo ecumenico utilizzate per porre strutture di unione
(che a volte si rivelano, al contrario, fattori di
divisione) sarebbero meglio utilizzate se la missione verso
il mondo fosse la chiara consapevolezza dello scopo della
Chiesa e, quindi, dell'unità tra le sue diverse
confessioni. Le testimonianze che hanno accompagnato le
diverse sessioni di lavoro del convegno hanno lo scopo
preciso di documentare nella pratica quotidiana quanto
sostenuto in termini di principio.
(Dall'Introduzione
agli Atti, di P. Colognesi)
Tra i
relatori: mons. J. Martinez, S. Averincev, N. Lobkowitz, G.
Cistjakov, mons. A. Marchetto, I. Alberti, V.
Zelinskij.
|